Alberto Martini - La vita e le opere

[…] Vero artista è chi ha saputo creare un’opera […]: un’inattesa scoperta, così forte da resistere al supremo giudizio del tempo, un tempo umano di almeno un quarto di secolo, fatto storico che non si può né inventare, né cancellare, né improvvisare. […] Se l’arte antica, che noi tutti adoriamo, non fosse stata a suo tempo nuova, non sarebbe diventata antica e venerabile!
Alberto Martini da “Vita d’artista” (1939-1940)

1876 Alberto Giacomo Spiridione nasce il 24 novembre a Oderzo (Treviso), al numero 119 di via Garibaldi, da Maria dei conti Spineda de Cattaneis, antica famiglia nobile trevigiana, e da Giorgio Martini, pittore naturalista e professore di disegno. Alberto e’ il secondogenito: la nascita di sua sorella Corinna (Luigia Fanny) risale al 20 luglio 1870.

1879 Si trasferisce con la famiglia a Treviso dove il padre insegna disegno presso l’Istituto Tecnico Riccati.
Casa natale di Alberto Martini in via Borgo San Rocco 119 (oggi via Garibaldi).

1890-95 Sotto la guida del padre, descritto da Vittorio Pica come suo unico e premuroso maestro ma “…fin troppo modesto pittore di ritratti”, Alberto inizia a dipingere e a disegnare continuando così la tradizione familiare. In effetti i parenti materni del padre erano noti decoratori e mosaicisti veneziani. Durante gli anni della formazione Martini realizza innumerevoli disegni, rivelando da subito una particolare predilezione per la grafica. Pur dedicandosi alle matite grasse, realizza anche oli, acquarelli e tempere di piccolo formato grazie ai quali, superato il mero esercizio scolastico, raggiunge i primi validi risultati. I temi preferiti sono quelli della campagna trevigiana e dei contadini al lavoro: quindi l’uomo e il suo rapporto con la Natura vista nel suo divenire (ad es. Antica gualchiera trevigiana,1895). Si esercita anche su fiori e conchiglie, che studia in modo analitico, lasciando una serie di acquerelli molto belli. Al di là di un mero esercizio dal vero, sono temi attraverso i quali Alberto mostra di assimilare la cultura figurativa italiana ed europea tardoromantica, populista e umanitaria, volta a cogliere dubbi e perplessità d’intonazione simbolista sul senso della vita, piuttosto che a definire un ambiente. Tra il 1894 e il 1896 realizza le quattordici chine acquerellate dell’Albo della morte, rivelando suggestioni culturali di matrice nordica.

Nel 1895 inizia la prima serie di illustrazioni a penna in inchiostro di china per il Morgante Maggiore di Luigi Pulci, che, tuttavia, presto abbandona per dedicarsi alle illustrazioni per la Secchia rapita (1895-1935) di Alessandro Tassoni, continuate sino al 1903. I centotrenta disegni eroicomici per La secchia, in gran parte opera giovanile, sono, nella definizione dello stesso Martini, “…una curiosa sfilata di soldatacci mangiati dalla fame e pidocchiosi…[…]”. Queste opere testimoniano una grande abilità grafica di Martini, che non ha ancora trent’anni, e chiudono l’esperienza giovanile sul piano di precise fonti letterarie e influenza nordiche. Pur nella puntuale referenzialità del testo (la vena burlesca di Tassoni, la sua truculenza barocca e l’enfasi litografica del “sublime” basso), i personaggi elaborati da Alberto sembrano mutare in una sorta di grottesco rivoluzionario che proclama la libertà d’azione e d’invenzione sul personaggio. Evidente, in queste opere, l’influsso della grafica manierista tedesca cinquecentesca (l’interesse per Dürer, Luca di Leida, Urs Graf, Baldun Grien e ammira Sattler) recuperata attraverso una peculiare lettura simbolista. “La sua indole di cerebrale fantasioso e la sua visione di analista minuto – ricorda infatti Pica nel 1904 – lo predisposero a profondamente risentire dell’influenza di Durero e degli altri grandi maestri alemanni…fu per lui una rivelazione e un invaghimento che …giovò… non poco a ben delineare ed a rendere agili e forti alcune native doti di osservazione e di riproduzione del vero”.

1896-97 Esegue una serie di 30 disegni a penna in inchiostro di china che intitola La corte dei miracoli. Non è ancora diciottenne, eppure nell’efficacia plastica delle figure dei pezzenti di un grottesco romanticamente pittoresco, si rivela un artista già in pieno possesso dei suoi mezzi tecnici. Inizia a illustrare il ciclo grafico per il Poema del lavoro che porterà a termine nel 1898 (in totale 9 disegni a penna in inchiostro di china).
1897 Espone alla II Biennale di Venezia 14 disegni per La corte dei miracoli che l’anno seguente verranno presentati a Monaco e all’Esposizione Internazionale di Torino con i disegni per Il Poema del lavoro.
1898 Martini soggiorna a Monaco e lavora come illustratore per le riviste “Dekorative Kunst” e “Jugend”. Determinante risulta, la primavera di quest’anno, l’incontro dell’artista con Vittorio Pica in occasione dell’Esposizione Internazionale di Torino: sarà il noto critico napoletano a sostenerlo d’ora in poi, proponendo la sua arte in ambito italiano ed europeo. “…Ciò di cui mi ricordo molto bene – scriverà nel 1927 Pica a proposito di quell’incontro – è che fu proprio in tale occasione che ebbi la buona ventura di fare la conoscenza di lui come artista e come persona. L’uomo, poco più che ventenne…mi riuscì di prim’acchito simpatico nella riservatezza signorile, seppure un po’ fredda … nell’eleganza sottile della persona, nel pallore del volto, in cui alla freschezza sensuale delle labbra rosse contrastava lo sguardo strano, fra acuto e astratto, fra disdegnoso e canzonatorio”.

1899 Con i disegni per Il poema del lavoro partecipa alla III Biennale di Venezia, che verranno in seguito esposti a Monaco e a Berlino. A partire da questo anno esegue una serie di diciannove cromolitografie (cartoline postali illustrate, manifesti per Carnevale o veglioni e affiches pubblicitarie) per le case litografiche Longo e Zoppelli di Treviso. Si tratta di lavori d’ispirazione vagamente liberty con evidenti richiami alla Secessione e al gusto preraffaellita inglese. Vittorio Pica offre intanto all’artista di collaborare come illustratore alla rivista “Emporium” e ai fascicoli “Attraverso gli Albi e le Cartelle”.

1901 Esegue il primo ciclo di 19 disegni a penna acquarellati per l’edizione illustrata de La Divina Commedia promossa dal concorso Alinari di Firenze. Tale lavoro viene commissionato a Martini da Vittorio Alinari per intercessione del solerte Pica. Partecipa alla IV Biennale di Venezia con i disegni per La secchia rapita: 38 vengono acquistati dalla Galleria d’Arte Moderna di Roma.

1903 Termina le illustrazioni per La secchia rapita (130 disegni a penna in inchiostro di china) e ne espone alcune alla V Biennale di Venezia.

1904 Breve soggiorno a Parigi. Disegna i primi ex libris per A. Fogazzaro, V. Pica, G. Rovetta e Tom Antongini. Si dedica a un altro ciclo grafico dal titolo La lotta per l’amore (disegni a penna e pennello in inchiostro di china). É documentata la sua partecipazione a una rassegna a Londra “Mi congratulo di cuore – gli scrive infatti Pica a tale proposito – del vostro successo londinese. Certo deve essere molto lusinghiero per un giovane vedersi posto come originalità e come valore artistico subito dopo Segantini e Michetti dal critico del Times”. Pica scrive un articolo su Martini per la prestigiosa rivista inglese di cultura e arti applicate “The Studio”.

1905 Completa la serie La lotta per l’amore (in totale 86 disegni). Inizia le illustrazioni per La parabola dei celibi con cui partecipa alla VI Biennale di Venezia. Nel mese di luglio inizia a eseguire le tavole illustrative per i racconti di Edgar Allan Poe, cui lavorerà sino al 1909 e oltre, inaugurando un periodo di grande intensità creativa nell’ambito della grafica a spunto letterario. “…L’immaginativa del giovine trevigiano – scrive ancora Pica dopo il 1908 – postasi in stretto contatto con quella del geniale letterato americano, mentre intensificava e raffinava le varie proprie doti, ha sagacemente saputo rinunciare a quel senso di voluttà, che pure esaltasi e trionfa in tanta parte dell’opera sua anteriore, ben comprendendo che esso sarebbe riuscito inopportuno per comprendere e fare poi comprendere agli altri l’essenza dell’idealismo, schivo di ogni più lontana ombra sensuale, di Poe”. Martini realizza anche una decina di tavole, tra le quali La Bella veneziana, La vergine venduta, L’amante abbandonata, La Venere dissepolta, contraddistinte dalla medesima ispirazione macabro-sensuale-satirica: qui l’artista rivela, come sostiene Pica, una “immaginativa…spiccatamente e possentemente originale, checché abbia affermato qualche critico che vi vuole scorgere ad ogni costo un’immediata derivazione da Félicien Rops e da Aubrey Beardsley”. Conosce e frequenta l’avvocato Cesare Sarfatti e la moglie di questi, Margherita, attiva nel campo della critica d’arte. I rapporti saranno frequenti fino al 1910, come testimoniano le lettere scambiate, poi si interromperanno, per la polemica di Martini verso il ruolo della Sarfatti all’interno di Novecento. Ritrae per la prima volta la marchesa Casati nei panni di Giovanna d’Arco.

1907 E’ un anno importante, grazie ai contatti intessuti da Vittorio Pica: infatti l’artista inizia l’illustrazione del Vert-vert di Gresset con due disegni a penna in inchiostro di china. In occasione di una mostra personale presso la Leicester Gallery si reca a Londra, ove conosce il celebre editore William Heinemann; con il suo aiuto, nel 1914, Martini organizzerà nella capitale inglese una mostra personale alla Galleria Goupil. Partecipa alla VII Biennale di Venezia esponendo, nella sala “L’arte del sogno”, due splendidi oli, intitolati Notturno e Nel sonno e alcuni disegni tra i quali La bellezza della donna. Si reca per un breve soggiorno a Parigi dove, ancora tramite Pica, incontra Gabriel Mourey, scrittore e collaboratore dalla Francia per la rivista bergamasca “Emporium”, ed Eugène Rodriguez, presidente della società “Les cent bibliophiles”.

1908
 In autunno partecipa alla Mostra di belle arti di Faenza, nella sezione del “Bianco e nero”, esponendo alcuni disegni della Parabola dei celibi, alcune illustrazioni per Poe e altre opere ispirate alla città di Venezia. A questo anno risale una fitta corrispondenza di Martini con lo scrittore simbolista russo Valerij Brjusov, conosciuto probabilmente durante il soggiorno a Monaco nel 1898. Presso l’editore londinese Heinemann viene pubblicato un volume di novelle di Perceval Landon, Raw Edges – Studies and Stories of These Days, contenente quattro illustrazioni di Martini.

1909
 Esegue tre disegni a penna in inchiostro di china: Crepuscolo veneziano, Una pagina crudele e Sogno. Partecipa alla VIII Biennale di Venezia con i disegni a penna La bella straniera, Murano e con otto illustrazioni per le Storie straordinarie di Poe. Esegue una serie di disegni per l’opera di Mallarmé Poemucci in prosa e le prime tavole per il Macbeth di Shakespeare, cui l’artista lavorerà sicuramente sino al 1911.

1910-11
 Esegue le tavole illustrative per il poema tragico di E.A. Butti Il castello del sogno (1910), edito dai Fratelli Treves di Milano. In seguito alla morte del padre, avvenuta il 28 ottobre 1910, Martini si trasferisce con la madre a S. Zeno, nella campagna di Treviso. “La nostra villetta era ridente e tranquilla – scriverà nella sua “Vita d’artista” -. Vicina alle calme acque d’argento del Sile; due grandi pini quasi neri, un piccolo giardino, un frondoso pergolato, un prato fiorito per Leda (il cane), dietro la casa un frutteto e una piccola vigna. […] quante volte la fortuna battè alla mia porta campestre, ma la respinsi o non le diedi ascolto. Ero prigioniero dei miei sogni. Avrei potuto andare in Russia per il successo che vi ottenne un mio lavoretto, e perché alcuni amici della mia arte volevano pubblicare il mio Poe. Ma non mi sentivo di abbandonare il nido. Altra volta fui chiamato a Parigi, in America…invano. In quella solitaria villetta feci il mio grande autoritratto in bianco e nero, i disegni russi, i sei misteri macabri e tenebrosi e una numerosa serie di luminosi pastelli: Feste veneziane, arlecchini, carnevali, farfalle: le fantasie del sole, e nelle mie corse veneziane e romane il primo ritratto della marchesa Casati, quello di Vittorio Pica, e di Hans St. Lerche.” A questo periodo risalgono le illustrazioni più significative eseguite per l’Amleto di Shakespeare, il ciclo grafico per le poesie di Paul Verlaine (55 disegni a penna colorati a pastelli) e una serie di puntesecche quali La sirena dormiente, Le figlie di Leda, La sirena e il mostro.

1912
 Incoraggiato da Pica, Martini si dedica alla produzione pittorica, facendo uso soprattutto della tecnica del pastello. Esegue le Sinfonie del sole (L ‘Aurora, La notte, I fiumi) e il pastello Farfalla gialla, esempio delle numerose opere di questi anni caratterizzate dal tema della donna-farfalla. Il medesimo soggetto ricomparirà nel 1915, in una serie di litografie intitolata Farfalle. Partecipa alla X Biennale di Venezia con i disegni a penna in inchiostro di china Autoritratto, Vittorio Pica, Hans St. Lerche.

1914
 E ‘presente alla XI Biennale di Venezia dove espone, insieme ai ritratti della marchesa Luisa Casati e della contessa Revedin, il pastello Arlecchino. Allo scoppio del primo conflitto mondiale, esegue 54 litografie intitolate Danza macabra, tramite le quali rivela il suo sentimento antitedesco. Stampate in formato cartolina, vengono distribuite tra gli alleati quale propaganda contro l’impero austroungarico: a tale proposito, va ricordato che Charles Carry, addetto all’Ambasciata inglese di Roma gli invia i suoi complimenti uniti alla richiesta di una serie completa per l’Ambasciatore inglese presso il Quirinale; anche il pittore Zandomeneghi rimane colpito e “impaurito” dalla “fantasia infinita” di Martini. L’artista inizia anche una serie di litografie, terminate nel 1915, per il poema grafico Misteri, contenente sei illustrazioni (Amore, Morte, Infinito, Follia, Sogno, Nascita). L’opera, preceduta da un commento di Emanuele di Castelbarco, verrà pubblicata dalla casa editrice Bottega di Poesia nel 1923.
Nel mese di dicembre muore la madre dell’artista.

1916
 In maggio, alla Leicester Gallery di Londra, espone quattro serie della Danza macabra, Gli orrori della guerra, sei disegni per Poe e la litografia Avanti Italia. In settembre, a Liverpool, partecipa a una mostra collettiva organizzata sempre dalla Leicester Gallery: in questa sede, oltre alle opere esposte a Londra, presenta le serie litografiche Farfalle e Bocche.

1917-18
 A Bologna, in attesa di partire per il fronte, Martini inizia a miniare, con inchiostro di china e acquarelli colorati, le ballate Les Orientales di V. Hugo portate a termine nel gennaio dell’anno successivo.
1919 Nel mese di gennaio si inaugura la mostra personale presso la galleria di Lino Pesaro a Milano. Agli anni

1919-20 risale l’interesse di Martini per il teatro. Realizza infatti 84 disegni a penna e acquarello colorato e sei tavole a tempera per i costumi del balletto Il cuore di cera, in tale occasione l’artista si occupa anche della coreografia e del canovaccio letterario.

1920 Torna a esporre, insieme allo scultore Hans St. Lerche e al pittore Mario Cavaglieri, alla Galleria Pesaro. Il catalogo della mostra reca la presentazione di V. Pica. Martini inizia il ciclo grafico di Trentun fantasie bizzarre e crudeli che, completato nel 1922, verrà pubblicato nel 1924 dalle Edizioni Bottega di Poesia, dirette dal conte Emanuele di Castelbarco Visconti Simonetta. Tramite Castelbarco, Martini entra in contatto con i personaggi aristocratici del tempo, in particolare nobildonne quali la principessa Paola d’Ostheim e Wally Toscanini che gli commissioneranno numerose opere.
1922 Partecipa alla XIII Biennale di Venezia con il disegno a penna Ritratto del marchese G.F.P., alcuni pastelli e 13 opere del ciclo Trentun fantasie bizzarre e crudeli.

1923
 Alla primavera di quest’anno risale l’idea di Martini del Tetiteatro: un teatro sull’acqua completamente inventato e dedicato, come dice il nome, alla dea del mare Teti. “Fu nella primavera del 1923 che inventai il Tetiteatro – scriverà Martini nella sua Vita d’artista – un’invenzione teatrale che ha fatto il giro del mondo rimanendo intatta, perché il giro del mondo non l’ha fatto con l’autore. Un architettonico teatro terraqueo, uno strumento gigante per le risonanze di una nuova voce e per nuove plastiche teatrali. […] l’arco aereo spettacolare da me inventato oggi è di moda ed ha funzione estetica di congiungere opposti elementi architettonici formando un solo organismo; può essere praticabile e luminoso, solido, liquido, igneo, elettrico, ma deve essere disegnato da un artista, non dal compasso.” Martini esegue, infatti, ispirandosi a opere teatrali o musicali di Wagner, Strauss, Eschilo, Wilde e altri, una serie di disegni e scenografie per la realizzazione del suo teatro sull’acqua. Tali illustrazioni verranno pubblicate nel volume Il Tetiteatro ovvero il teatro sull’acqua di Alberto Martini, testo di Emanuele di Castelbarco, edito nel 1924 da Bottega di Poesia.

1924
 Espone alla XIV Biennale di Venezia il pastello A Venezia, nel quale ritrae Maria Petringa, sua futura moglie, che sarà per Martini fonte di ispirazione per numerose opere, come testimonia la serie di ritratti a lei dedicati quali il pastello L’album di Daumier del 1924, presentato alla Biennale di Venezia del 1926, Parrucca bianca, opera esposta alla mostra del 1927 presso la Galleria Scopinich di Milano e l’olio Serenade – Maria con la chitarra del 1928.

1927
 Martini esegue disegni e dipinti per illustrare il numero di novembre-dicembre della rivista “L’Eroica” . Decide di fondare, insieme ad altri, un comitato per le onorificenze a Vittorio Pica: aderiscono a tale iniziativa numerosi artisti italiani e stranieri.

1928 Nel febbraio la proposta di Martini trova realizzazione nella mostra “Raccolta internazionale d’arte offerta dagli autori in omaggio a Pica”, tenutasi a Milano alla Galleria Scopinich. Per l’occasione Martini esegue una vignetta utilizzata per la copertina del catalogo e un disegno in cui ritrae di profilo il volto di Pica. Deluso e amareggiato dall’ostilità dei critici italiani, che verso la fine degli anni Venti sembrano ignorare i suoi lavori, Martini si trasferisce a Parigi ove trova amicizie altolocate e numerosi estimatori della sua arte. “I miei nemici – scrive alla moglie il 21 agosto 1929 – (molto piccoli ma nemici) che congiurano continuamente contro di me, capitanati dalla signora S. [Sarfatti] ovvero i soci della signora S. malgrado la sua e la loro mentalità assolutamente insufficiente per giudicare l’opera mia, hanno giurato di cancellarmi non solo dai pittori italiani…ma hanno giurato anche di cancellarmi come pittore nella memoria degli italiani, impedendomi di presenziare nelle esposizioni e nel mercato italiano…So bene che la mia pittura originale può dar noia agli scarabocchini ed ai criticonzoli miopi, invidiosi dell’intuito di Pica…” Lo stesso Pica, d’altra parte, subirà l’onta della dimenticanza. A Parigi Martini rimarrà sino al 1934, a eccezione di qualche breve soggiorno in Italia e un viaggio a Berlino nel 1932. “….Vissi per parecchi anni a Montparnasse, il quartiere degli artisti – ricorda Martini nella sua Vita d’artista – , in un atelier ultimo stile, tanto grande e alto, che salendo una scaletta interna, mi trovavo in un piccolo appartamento che girava come una loggia di teatro. …Quando sentivo che il mio artistico era stanco scendevo nei Boulevards, nelle rumorose terrazze frequentate da migliaia di piccoli e grandi artisti di tutto il mondo. Montparnasse era la babele dell’arte, erede di quelle del Quartiere Latino e di Monmartre…Mi sedevo, spettatore appartato, per osservare l’interessante commedia dell’arte che si svolgeva intorno. Gli attori erano giovani artisti in attesa di successo, vecchi celebri dall’espressione soddisfatta o agonizzanti nella disillusione, nell’alcool, nella follia… “. In questi anni la moglie, rimasta in Italia, lo raggiunge periodicamente. Nella capitale francese Martini frequenta l’ambiente dei critici e dei letterati. Stringe amicizia con Solito de Solis, musicista e appassionato d’arte, che lo introduce nei salotti aristocratici parigini. Inizia a dipingere “alla maniera nera” eseguendo opere di impostazione surrealista: ne sono esempio gli oli Conversazione con i miei fantasmi, Fiore dello scoglio, La prigione sotterranea. A proposito di questo nuovo modo di dipingere, Martini annoterà :”…La grande finestra del mio studio è aperta nella notte. In quel nero rettangolo passano i miei fantasmi e con loro amo conversare. Mi incitano a essere forte, indomito, eroico, mi sussurrano segreti e misteri che forse ti dirò. Moltissimi non crederanno e me ne duole per loro, perché chi non ha immaginazione vegeta in pantofole: vita comoda, ma non vita d’artista. Una notte senza stelle, in quel rettangolo nero mi vidi come in uno specchio. Mi vidi pallido, impassibile. E’ la mia anima, pensai, che ora specchia il mio volto nell’infinito e un giorno specchiò chissà quali mie sembianze, perché se l’anima è eterna non ha né principio né fine e noi non siamo ora che un suo differente episodio terreno. E questo pensiero rivelatore mi turbava […]Assorto com’ero in questi intricati pensieri, trasalii sentendomi accarezzare in modo strano la mano che avevo posata sopra un libro aperto sotto una lampada. […] Mi voltai e vidi posata accanto alla mia mano una grande farfalla notturna che mi guardava battendo le ali. Anche tu, pensai, stai sognando e l’incantesimo dei tuoi immoti occhi di polvere mi vede un fantasma. Sì, notturna e bella visitatrice, sono un sognatore che crede nell’immortalità, o forse un fantasma del sogno eterno che chiamiamo vita”.

1929-30
 In questo periodo parigino Martini, produce una cospicua serie di opere pittoriche “alla maniera chiara”: “…Incominciai a dipingere con crescente entusiasmo una numerosa serie di quadri in contrasto con quelli a la maniera nera, che chiamai ‘pitture coi colori del cielo’, i colori eterni, con le gamme dell’infinito; e mi sembrava di vivere nell’etere. […] la composizione di queste pitture è frutto di una lunga, intensa elaborazione formale, malgrado lo stato di veggenza e di spontaneità creativa. Alcune figurazioni, dopo quattro, sei, dieci anni dal loro compimento sono ancora per me dei misteri non rivelati […] queste pitture vengono apprezzate solo dai pochi che valgono più dei molti, e non da questi che in arte non valgono affatto. Chi non ha comprensione, né fede vale niente in tutte le cose della vita, e in arte chi manca di comprensione, di chiaroveggenza (i molti), è una nullità, o, se vi piace, un cadavere che vaneggia. L’arte non è fatta per i cadaveri. Nella maniera chiara: l’occhio specchio dell’anima in cui si compongono le forme mentali prima della loro conversione in oggetto pittorico, e in cui avviene la confluenza percettiva totale di esterno e interno; lo sguardo legato alla simultaneità di ricezioni cosce e inconsce (Invenzione dell’occhio umano)…”. (Vita d’artista) . Martini torna a dedicarsi all’illustrazione in bianco e nero di numerosi testi; esegue infatti disegni a penna e acquarelli colorati per Une saison en enfer di Rimbaud, Les fleurs du mal di Baudelaire, Poèmes di Mallarmé, L’homme qui rit di Victor Hugo, La croix de bois di Dorgelès, La danse macabre di M. Orland, Les destinées di Alfred de Vigny.

Nel 1930 partecipa alla XVII Biennale di Venezia con l’olio L’uomo che crea.

1932
 Si dedica in particolar modo alle arti applicate: disegna una serie di progetti per piccole sculture in vetro ispirandosi ai canoni stilistici dell’art déco e del Novecento e una cinquantina di illustrazioni per stoffe o carte da parati, probabilmente commissionate dall’industriale tessile Adolfo Bogoncelli.

1934-40
 A causa della precaria situazione finanziaria Martini è costretto a rientrare a Milano. Qui, in occasione della Triennale milanese, esegue il bozzetto per il trittico Battaglia d’uomini e demoni; con quest’opera si impegna a esaltare le conquiste del regime. Allo stesso tempo però, soprattutto tra il 1935 e il 1936, rivela il suo acceso antinovecentismo tramite la pubblicazione sulla rivista “Perseo” di disegni, didascalie e vignette caratterizzati da una pungente vena satirica. Continua le illustrazioni, iniziate a Parigi nel 1929, per l’Aurelia di G. de Nerval, che terminerà nel 1944. A questi anni risalgono anche un disegno a penna in inchiostro di china per i Fioretti di S. Francesco, le tavole illustrative per il libro Cuore di E. De Amicis (1936) e una serie di disegni per la tragedia di Guido Stacchini Il Titano liberato.

1941-52
 Illustra con una serie litografica a colori La vita della Vergine e altre poesie di R.M. Rilke. Esegue inoltre un ciclo grafico per La vita di Cristo (1943-1944).

Nel dicembre 1946 partecipa alla “Esposizione internazionale di ex libris e illustrazione del libro” al Museo di Belle Arti di Nancy, dove gli viene conferito un diploma d’onore.

Nel 1947 esegue dodici puntesecche raccolte sotto il titolo Poema mitografico. In questi anni Martini continua a dedicarsi anche all’attività pittorica alternando a opere caratterizzate da un mediocre naturalismo lavori resi con un realismo non privo di notevole efficacia espressiva. Tra le pitture a olio più interessanti vanno ricordate: Anime gemelle ( 1945), Corteo di Venere ( 1949), La valle di Cleopatra (1950) . Nel 1952 espone alla XXVI Biennale di Venezia i disegni a penna in inchiostro di china colorati a pastello dal titolo La realtà e i sogni di gloria e La finestra di Psiche nella casa del poeta.

1954
 l’8 novembre alle ore 18,30 muore a Milano, all’Ospedale Fatebenefratelli.
Lascia un testamento spirituale, auspicando l’istituzione di un museo dove custodire le memorie e i documenti del surrealismo italiano.

"Alle due d'una stellata notte d'agosto è germogliato questo libro. Libro d'artista e non d'uomo di lettere ... L'offro alle persone che amano meditare, sorridere, divagare, e... discutere ... Il tavolo dove lavoro è accanto ad una grande finestra aperta nel cielo notturno: vedo nel buio apparire i miei fantasmi e nell'azzurro infinito le meraviglie astrali. Una stella cadente mi dà il via!"

Inizia così Vita d’artista, manoscritto di Alberto Martini, realizzato tra il 1939 e il 1940 ed in seguito dattiloscritto dal cugino Tischer. Dopo il 1945 esso è corretto a mano dall’artista che si ripromette di illustrarlo con riproduzioni di alcune sue opere.
Questo documento, nelle diverse versioni revisionate dall’autore, è oggi di proprietà dell’archivio intitolato ad Alberto Martini. Lo scritto illustra alcuni episodi significativi connessi alle scelte artistiche del pittore opitergino, mettendo a nudo non solo le idee ed il fervore estetico dell’intellettuale, ma anche le aspirazioni, l’indole e le passioni dell’uomo. Ecco perchè alcuni passi del manoscritto sono stati scelti per accompagnare in modo nuovo il visitatore alla scoperta delle opere raccolte nelle sale della Pinacoteca Alberto Martini.